giovedì 14 settembre 2017

Vinosano.com - Online il nuovo sito



Il vino è cultura? Certamente si perché non esiste Paese al mondo in cui è concentrata la più alta presenza in opere d’arte, città storiche, clima, paesaggi, gastronomia e enogastronomia. Un unicum la cui diversità e territorialità è nei nostri vini.
Ma in quanti li conoscono? Pochissimi, eppure siamo il Paese che può vantare il maggior numero di vitigni al mondo, che esprimono vini ognuno con un suo linguaggio sensoriale, gustativo e olfattivo.
VINOSANO vuole promuovere la cultura del vino a partire da un “tassello” che mancava nel panorama dei blog e della comunicazione: il razionale medico-scientifico delle proprietà in positivo ma anche in negativo dell’alcool, meglio, del vino.
Ma VINOSANO vuole essere qualcosa di più: PARLA DI VOI. Si perché il vino entra nella nostra quotidianità: è trasversale, è convivialità, cinema, musica, arte, sacralità, eros, buona tavola, benessere… Ma soprattutto è quel filo conduttore che unisce uomini e territorio.

VINOSANO vuole raccontare tutto questo: abbiamo iniziato da zero e non potevamo sperare di meglio. E infatti da blog siamo passati a SITO.www.vinosano.com

venerdì 30 giugno 2017

Curiosità: Il cappello dei cuochi, la “ Toque Blanche”




Non è vero che il cappello bianco a cilindro dei cuochi sia una caratteristica dei giorni nostri, è vero invece che sin dall’epoca dei Greci e Romani veniva dato un copricapo arricchito di rami d’alloro a chi sapeva preparare cibi e bevande. Sembra che un cappello bianco leggermente più piatto di quello indossato oggi, sia stato usato per la prima volta nel XVIII secolo dal cuoco Charles Maurice principe di Talleyrand. L’aspetto attuale è dovuto al famoso chef Antonin Careme, il quale inserì un cartoncino per renderlo più alto e rigido. Il caratteristico cappello da cuoco ha in realtà ha forma cilindrica per motivi igienici. Infatti il maggiore spazio sopra i capelli consente una maggiore circolazione di aria dato che la cucina è densa di vapori che possono provocare prurito. Il colore bianco è invece dovuto alla pulizia: un diverso colore potrebbe nascondere sporcizie di vario genere. I pasticcieri in genere hanno un cappello più basso, schiacciato come un berretto in quanto il laboratorio di pasticceria ha meno vapori di quello normale.
Renzo Pellati “ la storia di ciò che mangiamo” edz Daniela Piazza Editore

sabato 24 giugno 2017

Una giornata particolare… con il Sassicaia


IV viaggio studio BEM – Territorio toscano e umbro.



“ Ho un ricordo incancellabile del bordò che arrivava in barriques dalla Francia in casa di mio nonno Chigi all’inizio della prima guerra mondiale; quello stesso boquet lo ritrovai una decina di anni dopo bevendo a  Migliarino in casa Salviati un Cabernet che proveniva da una vigna di loro proprietà. Quando poi riuscii ad assaggiare un Margaux  del 1924 e risentii lo stesso gusto, mi ripromisi di fare un vino che aveva quella particolarità”.

Da un documento scritto nell’estate del 1974 da Mario Incisa della Rocchetta, successivamete ritrovato dl figlio Nicolò.

Certo non poteva esserci un vino più blasonato del Sassicaia: Incisa della Rocchetta, Antinori, Della Gherardesca, Salviati, Chigi, il meglio della nobiltà  Toscana e Piemontese. Un incrocio di matrimoni, parentele , incontri , amicizie importanti  e non solo italiane hanno segnato pezzi di storia del nostro Paese. E non si tratta solo di appartenenza, ma di tradizioni, valori, cultura, stili di vita, innovazione e imprenditoria, quest’ultima nel mondo del vino, tramandate da padre in figlio. In un’Italia sciatta che non cerca un riscatto culturale  ma che si accontenta della litigiosità di politici più alla ricerca di alleanze che di soluzioni economiche  e sociali, leggere la storia di questo grande vino, da emozione perché in fondo Bolgheri si trova  in Italia e non altrove, perché Mario Incisa, questo Marchese malinconico ma testardo ha creato con il suo Sassicaia una immagine ”Italia” che anche i francesi, grandi esperti di marketing, ci invidiano.


Tenuta San Guido





La storia del Sassicaia ha un attore principale: Mario Incisa della Rocchetta.
Un luogo: la splendida tenuta di San Guido a Bolgheri, nella Maremma Livornese.
Una data: 1942.
Un vitigno: il cabernet e una passione: il vino.
Già un vino che fosse grande, ci prova il Marchese, con il Pinot ma si convince, forte della sua passione per i vini francesi,  che è il Cabernet il vitigno giusto. Se la ridono sotto i baffi gli amici blasonati toscani con il loro Sangiovese e Trebbiano vinificati con doppia fermentazione.
 Ma dove se lo va a cercare il terreno adatto?
A Castiglioncello nella tenuta di Bolgheri, un appezzamento a circa 350 metri di altezza, al riparo dal troppo salmastro, esposto a sud-est con un terreno simile alla zona di Graves nel Bordolese… Una ”minivigna” con mille viti meglio marze di cabernet, fortunosamente recuperate dalla vecchia vigna dei Salviati e innestate su legno bolgherese. L’attecchimento è perfetto. Era il 1942. Potatura bassissima ad alberello basso, produzione molto modesta, vinificazione  certo non da manuale, fermentazione in tini di legno aperti, invecchiato per 5-6 anni in barilotti di rovere, rifinito in bottiglie bordolesi. Insomma un “ vinaccio” dal gusto erbaceo e troppo tannico. “Una maccheronata” si diceva, ma Incisa aveva capito che il suo vino non poteva essere pronto nella primavera successiva al raccolto dell’uva, ma doveva aspettare. Dai primi anni iniziò a mettere da parte due alcuni ettolitri di vino l’anno. Il successo fu decretato una decina di anni dopo quando qualche bottiglia del 1949-50 fu bevuta d Gherardo Della Gherardesca, con la complicità del figlio Nicolò. Un vino con cinque-sei anni di barrique e altrettanti di bottiglia. Perfetto.

Da lì nasce tutta un’altra storia del Sassicaia, Incisa crea altri vigneti scendendo dall’Olimpo dei 350 metri ai 100 sul livello del mare. Innesta barbatelle con legno proveniente dalla prima vigna. Abbandona l’alberello per il cordone speronato e poi.. la commercializzazione nel 72 con gli Antinori.

Degustazione Sassicaia 2014


Un Cabernet con l’impronta di Bolgheri



Ha nell’anima e nel corpo Bolgheri, la sua macchia mediterranea, l’humus, la salsedine,la balsamicità le  erbe aromatiche, come solo Bolgheri sa dare. Questo Mario Incisa lo aveva capito perfettamente come aveva capito che il suo rosso da lungo invecchiamento sarebbe diventato un vino con una sua identità diversa da Bordeaux,  Napa Valley o la Nuova Zelanda. Un vino unico, in cui si coniugano piacevolezza, mediterraneità e gusto internazionale. Come dice Armando Castagno grande intenditore di vini “ Se cercate in un vino potenza e struttura non avete capito come funziona un vino. Il vino è sottigliezza, eleganza e territorialità, perché è proprio la territorialità l’unico elemento che può dare unicità”.
Sassicaia 2014, non ancora in commercio.
Cabernet Sauvignon (85%)- Cabernet Franc (15%)- 13,5% di volume
Al naso: colpisce  la nota fruttata, ma è netta la sensazione di salmastro che fa da spartiacque tra il taglio bordolese che svanisce molto presto e la nota dei profumi mediterranei di Bolgheri. Humus,erbe aromatiche, macchia mediterranea, nota agrumata. E’ un vino dai sentori balsamici, ancora non sviluppate le note speziate perché è un vino giovane che ha bisogno di allungarsi..dategli tempo dice Daniela .. e noi lo sentiremo tra qualche anno quando, dopo il lungo passaggio in barrique, rimarrà per anni a riposare..
Al gusto: Il fruttato svanisce per permettere all’acidità agrumata di allungarsi e per tornare al centro della lingua con un delicatissimo tannino. Vino di struttura, corpo ma non sfacciato. E’ sottile, raffinato, dove il cabernet è interrogato da chi l’assaggia per dire; sei bravo, diverso, perfetto nell’equilibrio di tutte le  componenti del vino. Difficile da capirsi, non da tutti amato, ma è meglio così: i vini difficili e costosi si fanno cercare e ricercare.